Il Capitolo di San Pietro, i papi e Roma nei secoli XI-XIII

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Il ruolo emergente del Capitolo di San Pietro, nel periodo preso in esame, ha i suoi punti di forza precisi: la crescente legittmazione del primato del papa legata alla presenza di Pietro a Roma, di cui al Vaticano dà testimonianza il sepolcro custodito dai canonici; il fatto che diversi canonici furono anche cardinali, due dei quali divennero papi coi nomi di Innocenzo III e Bonifacio VIII; i rapporti diretti che il Capitolo ha intrattenuto con i vertici della Curia trasferitasi nei palazzi vaticani; il predominio per un lungo periodo della famiglia degli Orsini, di cui prima della metà del Trecento fecero parte tre arcipreti del Capitolo, Giovanni Gaetano (+1277), Matteo Rosso (+1305) e Napoleone (+1342). Anche l’intronizzazione dei papi e l’incoronazione degli imperatori nella Basilica Vaticana dettero, di riflesso, maggiore importanza al clero ivi residente. Motivazioni storiche provvidenziali che trovarono il loro apice sacro nel giubileo del ’300.
In tal modo il Capitolo canonicale di San Pietro mostra fin dagli inizi una sua fisionomia precisa: il legame privilegiato con il papa nell’ambito del rapporto del pontefice con la città di Roma. Esso nei secoli seguenti si estenderà dal punto di vista economico a gran parte dell’agro romano, e dal punto di vista spirituale e giuridico alla moltitudine delle chiese filiali, che attraverso il Capitolo rivendicarono un legame specifico con la Sede pontificia. Inoltre la custodia, a cura dei canonici, dei palli che il pontefice distribuisce agli arcivescovi metropoliti quale simbolo di trasmissione di giurisdizione in comunione con la Santa Sede, ha esteso all’intero orbe cattolico la mediazione del Capitolo Vaticano.
I canonici di San Pietro vengono definiti da Johrendt, autore del testo, “servitores Principis Apostolorum”, un titolo che, anch’esso, li unisce al successore di Pietro, che Gregorio Magno esaltò quale “servus servorum Dei”.